La gravità della condotta violenta del coniuge è tale da costituire in ogni caso addebito della separazione, anche per un unico episodio
Con recente decisione la Corte di Cassazione (ord. 27324 del 16.9.2022) ha ribadito la gravità delle violenze fisiche in danno dell’altro coniuge, tali da costituire motivo di separazione con addebito, pur se successive al manifestarsi della crisi coniugale, e da esonerare il Giudice dal dovere di confrontare tali condotte con quelle dell’altro coniuge. E ciò anche ove trattasi di unico episodio.
E invero, così si esprimono i Giudici di legittimità:
“Secondo l’orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, i comportamenti reattivi del coniuge che sfociano in azioni violente e lesive dell’incolumità fisica dell’altro coniuge, rappresentano, in un giudizio di comparazione al fine di determinare l’addebito della separazione, causa determinante dell’intollerabilità della convivenza, nonostante la conflittualità fosse risalente nel tempo ed il fatto che l’altro coniuge contribuisse ad esasperare la relazione (Cass. n. 6997/2018; Cass. n. 7321/2005); invero, “Le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse -, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale” (Cass. n. 7388/2017; Cass. n. 3925/2018).
Anche un unico episodio integra un comportamento idoneo, comunque, a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona (Cass. n. 433/2016) e la reazione aggressiva della vittima non ne riduce la portata e l’efficienza causale.”
Ripresa della convivenza e ricostituzione effettiva del ménage coniugale
Né può giovare a estinguere il procedimento di separazione una mera ripresa della convivenza, ove non si offra la prova della ricostituzione effettiva della vita coniugale:
“Inoltre, non e’ sufficiente, per provare la riconciliazione tra coniugi separati, considerati gli effetti da essa derivanti, che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza a scopo sperimentale e provvisorio, essendo invece necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, caratteristici della vita coniugale (Cass. 19497/2005; Cass. 19535/2014; Cass. 1630 del 23/01/2018Cass. 20323/2019). Invero, “La mera coabitazione non e’ sufficiente a provare la riconciliazione tra coniugi separati essendo necessario il rispristino della comunione di vita e d’intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale”. (Cass. n. 19535 del 17/09/2014), dal che consegue che, laddove emerga una crisi coniugale prolungata ed irrisolta, i tentativi di superarla – nell’ambito dei quali può collocarsi la rinuncia ad un ricorso di separazione da parte del marito, come avvenuto nel caso in esame – non possono essere qualificati come “riconciliazione”, in assenza di elementi univoci e significativi del pieno e concreto ripristino della comunione di vita e di affetti.”
Nella fattispecie la sussistenza delle condotte illecite da parte del coniuge era stata oggetto di pronunce in sede penale ed aveva acquisito valore di cosa giudicata, rendendo dunque indiscutibile la sua esistenza.
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